Storia milanese


Coppa Italia 1986: una vittoria sotto traccia

Dei nove trofei consecutivi vinti in campo nazionale dall'Olimpia Milano tra il 1985 e il 1988, la Coppa Italia del 1986 è forse il meno celebrato sebbene sia ricco di significati importanti. Ad iniziare da un percorso tortuoso e fitto di trappole in cui la squadra di Peterson è caduta dalle quali ha avuto la forza di uscire, soffrendo.

La squadra del dopo-Carroll e dello Scudetto numero 21 non aveva cambiato la sua ossatura; fatto arrivare Bargna da Cantù, partito il pivot ex-Golden State, e concessa a Schoene la possibilità di approdare in NBA, la dirigenza cercò di trattare senza successo nomi di alto lignaggio per l'epoca come Caldwell Jones, Mark West e addirittura un fievole tentativo con quel Bob McAdoo che sarebbe arrivato a Milano l'anno seguente. La prima firma 'in economia' fu Cedric Henderson, un azzardo che alla fine ha pagato molto: l'ala della Georgia non aveva nemmeno completato il ciclo di studi universitari ed era alla sua prima esperienza fuori dagli USA, anche a titolo personale. Il suo talento atletico aveva impressionato coach Peterson, convinto di poterlo malleare; ci riuscì trasformandolo in un giocatore da quasi 16 punti di media in campionato e che tornò in patria con Scudetto e Coppa Italia nella valigia.

Cedric era in campo al PalaLido nella prima uscita ufficiale della stagione, il 18 settembre contro la Filanto Desio per l'andata dei sedicesimi di finale: fu un massacro. I desiani di coach Virginio Bernardi, squadra pronosticata per i vertici di...A2, vinsero 110-89 sotto la spinta di un incontenibile Mike Brown, forse stizzito dalla mancata considerazione che l'Olimpia le aveva riservato in fase di scelta. Una settimana dopo, stesso campo, la Simac si riprese la qualificazione serrando le fila con un approccio difensivo più consono (99-76) e sufficiente a guadagnare gli ottavi con soli due punti di scarto. Turno successivo insidioso anche con la Pallacanestro Livorno, neopromossa in A1 con un'interessante coppia di americani (Elvis Rolle e Wayne Sappleton) e una fucina di giovani che poi ebbero gran futuro, ad iniziare da Massimilano Aldi. Al PalAllende fu un pareggio 87-87, mentre al ritorno il 23 ottobre al Lido assistettero solo 750 spettatori alla vittoria Simac 99-91.

I quarti di finale ebbero una collocazione in calendario fortemente criticata dai manager di tutte le squadre, tanto da portare in lega la proposta di una nuova abolizione del trofeo: gara d'andata il 26 dicembre e ritorno il 2 gennaio. Avversario dell'Olimpia (prima in classifica al momento con 11 vittorie e una sola sconfitta) il Bancoroma di coach DeSisti dal rendimento ondivago come l'apporto delle due celebrate stelle Leo Rautins e Bruce Flowers. Infatti all'andata a Roma il pronostico andò in pezzi: 100-87 per i capitolini e altro sforzo extra per la Simac per arrivare alle semifinali con il brivido (101-86).

All'ultimo turno con il doppio confronto, che la vede opposta alla temibile Pallacanestro Varese, la Simac arriva dopo aver concluso con qualche rimpianto il girone di Coppa dei Campioni, alle spalle delle finaliste Cibona e Zalgiris (cioè Drazen Petrovic e Arvidas Sabonis). La prima sfida è sul campo amico dell'Olimpia, che lo difende con il minimo vantaggio (83-82) dagli assalti di Corny Thompson e Meo Sacchetti; strascico di polemiche da casa-Varese per l'arbitraggio a loro avviso penalizzante, specie nel culmine della rimonta milanese che, come capitava spesso, era andata sotto di una decina di punti. Simac che quindi decise di essere più cinica al ritorno sfruttando una Divarese in parabola discendente per vincere con un margine di tutta sicurezza (92-78) a Masnago.
Dall'altra parte del tabellone, la Scavolini Pesaro, detentrice del trofeo, superava turno dopo turno eliminando Fabriano, Rimini, Virtus Bologna (con un solo punto di scarto finale) e Caserta con un pareggio 96-96 nella gara d'andata.
Alla sfida del 16 aprile a Bologna, i marchigiani arrivarono con già una finale persa sulle spalle: un mese prima a Caserta, la squadra di Sacco aveva ceduto le armi (101-86) al cospetto del Barcellona di Sibilio e Epi, nonostante i 32 punti di Zam Frederick.

E proprio il folletto marchigiano con a fianco Mike Silvester, di ritorno da ben quattro giornate di squalifica, rappresentava la più forte minaccia per la difesa milanese. Nonostante l'ottima organizzazione difensiva dei milanesi, le due guardie riuscirono a mantenere in contatto Pesaro con le loro rapide ripartenze, mentre la Simac faceva valere il suo strapotere fisico vicino a canestro. A rimediare alle infelici percentuali del primo tempo di Premier e Schoene fu la collaborazione tra Dino Meneghin (regista occulto dell'attacco meneghino) e Cedric Henderson, efficace nel trasformare gli assist del compagno e già a quota 11 nei primi dieci minuti di gara. Milano allungò in un paio di occasioni (39-29 prima dell'intervallo e 67-52 nella ripresa), ma Gracis e Magnifico non vollero arrendersi. Dopo l'ultimo sforzo con un potenziale gioco da tre punti di Silvester (18 sul suo score finale) per il 88-85 a 4' dal termine, furono i canestri di spessore di Russ Schoene ad allargare definitivamente le distanze fino al 102-92. Dal punto di vista fu la partita della consacrazione di Cedric Henderson che con 28 punti tenne in scacco per tutta la partita l'esperta batteria di lunghi della Scavolini. E a coach Peterson, colpito a fine partita da una monetina lanciata dagli spalti, il dolore lasciò presto spazio al sorriso beffardo di chi ha vinto la scommessa nonostante tutto e tutti.
   

Finale - 16 aprile 1986 - PalaAzzarita Bologna (46-52)

Scavolini Pesaro x Olimpia Simac Milano 92-102 
- Pesaro: Gracis 13, Magnifico 16, Frederick 23, Tillis 9, Zampolinl 9, Costa 4, Silvester 18, Minelli ne, Franco ne, Cipolat ne; coach Sacco
— Milano: Bargna 8, F.Boselli 3, Bariviera 2, D'Antoni 16, Premier 20, Meneghin 4, V.Galllnari ne, Schoene 21, Henderson 28, Blasi ne; coach Peterson
Arbitri: Baldini e Pallonetto

IMMAGINI ALLEGATE

La Simac celebra in spogliatoio la vittoria nella Coppa Italia 1986, ottenuta sul campo di Bologna contro la Scavolini Pesaro; (da sinistra) D’Antoni, Schoene, Gallinari, Gabetti, Bariviera, Bargna, Blasi, coach Peterson, il 'masseur' Gallotti,  F. Boselli, Meneghin, il vice Casalini, Premier, Henderson,