Racconti


Stanković: il personale ricordo di Farina, Kenney e Recalcati

Pochi giorni fa è mancato Borislav Stanković, giocatore, allenatore e importante dirigente sportivo a livello internazionale. Per il nostro "Museo virtuale" i ricordi di Antonio Farina, Art Kenney e Carlo Recalcati che hanno avuto l'occasione di conoscerlo ed apprezzarlo.

Il ricordo di Antonio Farina, player della Oransoda Cantù dal 1968 al 1975:

“Conobbi Stanković nell’estate 1967 quando fui ingaggiato dalla Oransoda Cantù. Per la nota questione (proprio qui nel Museo trovate tutti i dettagli) fui inibito a giocare per un anno in quanto “giocatore in attesa di svincolo d’autorità”, ma iniziai ad allenarmi con il team che poi vinse lo scudetto.

La stagione successiva entrai nella formazione esordendo in serie A e in Coppa dei Campioni. Ho ricordi molto positivi di lui  e gli sono molto grato per i suoi consigli tecnici e umani”.

Il ricordo di Art Kenney, mitico giocatore Olimpia anni 1971-1973:

“Ricordo benissimo Stanković anche se, quando io arrivai in Italia, lui era già tornato in Yugoslavia.  Nel 1971 ebbi l’autorizzazione da Rubini a disputare un torneo estivo a Belgrado. Io e John Fultz (che in quella stagione era stato lo straniero di Coppa della Ignis Varese) eravamo il “rinforzo” ad una squadra locale.

Stanković e Popović (che erano due altissimi dirigenti della Federazione), grandi signori, vennero ad accoglierci addirittura in pista all’aeroporto ed una foto testimonia il fatto. Come delle rockstar e notare che Fultz non era diventato ancora l’hippy famoso in tutta l’Europa cestistica!!  Fui giudicato M.V.P. del torneo e come premio mi fu concessa una vacanza gratuita a Dubrovnik. Che tempi !!”.

Il ricordo di Carlo Recalcati, grande campione e coach plurivincente:

"Le nostre strade si sono incrociate e incontrarlo è stata per me una grande fortuna. Sono sempre stato legatissimo ad Arnaldo Taurisano e a Gianni Corsolini ma Stanković  rappresenta la svolta nella mia carriera. Arrivò a Cantù nel 1966 con una carica incredibile e una leadership contagiosa: con poche parole riuscì a entrarmi nella testa, facendomi diventare un giocatore diverso, come lui voleva.

Stanković  diede inoltre alla Pallacanestro Cantù, prima ancora di affacciarci alla Coppa dei Campioni, una dimensione internazionale, senza trascurare alcun aspetto. Sapeva che per diventare una società stabile Cantù avrebbe dovuto concentrarsi su ogni ruolo, considerando tutti importanti, dal presidente al custode della palestra".  

IMMAGINI ALLEGATE

Stanković, Kenney, Fultz e Popovic a Belgrado nel 1971