Racconti


Quella volta che tornammo a casa in accappatoio

Racconto di Natale Radaelli, massaggiatore della Pallacanestro Milano 1965-1980.

Sono Natale Radaelli e sono stato il massaggiatore della All’Onestà. Mobilquattro, Xerox e Amaro Isolabella. Nei 16 anni di mia militanza ho visto cambiare i proprietari, i manager, gli allenatori, i medici e naturalmente i giocatori. Anche la sede sociale fu trasferita in quegli anni, da Via Galilei a Via Procaccini e solo io, immodestamente, ho rappresentato la continuità e di questo ne sono altamente orgoglioso.

Insomma io sono l’Altra Milano, e proprio con lo spirito dello mondo dello sport, ho sempre avuto rapporti di sana rivalità ma anche di amicizia con i nostri dirimpettai dell’Olimpia: tanto per dire, io ero a Bologna a sostenere (ma non esageriamo, non facevo il tifo) il Simmenthal a vincere la prima Coppa dei Campioni il primo aprile 1966!

Il 25 aprile 1973 invece andai con Dennis Gray, nostro americano di Coppa ed ognuno con la propria motocicletta, a vedere lo spareggio Ignis-Simmenthal a Bologna. In quel caso le mie simpatie andavano a Varese perché lì giocavano Ossola, Zanatta, Lucarelli, Polzot, tutti ex All’Onestà.

Paolo Bianchi, ex capitano Olimpia, ancora adesso mi rimprovera che il Simmenthal perse (74-70) per la mia “gufaggine” mentre io sostengo che loro, per vendetta, mi mandarono degli accidenti tali che la mia moto nel ritorno si guastò in autostrada per cui fui costretto a lasciare il mezzo a Modena e a tornare a Milano grazie al passaggio offertomi da Gray.

Nella mia carriera ho conosciuto tantissimi splendidi ragazzi, campioni in campo ma ancora più fuori, che mi considerano ancora oggi, dopo tutti questi anni, un fratello maggiore, si fanno sentire regolarmente e questo è l’aspetto più bello della mia esperienza sportiva.

Quando visito lo spaccio dello stabilimento Lindt di Varese (saltuariamente vado a fare il pieno di cioccolatini) il personale avverte Zanatta e il presidente Bulgheroni (entrambi nostri ex) che ogni volta annullano i loro impegni per venire a trovarmi. Ed come non dimenticare il Dottor Papetti, altro ex, che mi telefona una volta alla settimana per sincerarsi delle mie condizioni di salute.

Ditemi, come si fa a non commuoversi per tanto affetto ?

Naturalmente ne ho viste di tutti i colori e potrei scrivere un libro ma proprio l’altro giorno ascoltando una disavventura capitata ad una squadra di ragazzini mi sono ricordato di un episodio buffo e che in quel momento aveva fatto infuriare tutti quanti.

Eravamo in epoca Xerox, con il grande Guerrieri come allenatore. Un altissimo dirigente dello sponsor Xerox  aveva insistito con la nostra dirigenza perché facessimo un’amichevole nella sua città natale, che era Lucca. Ovviamente fu organizzato un incontro amichevole infrasettimanale (non ricordo se contro una delle squadre di Livorno o il Siena) e dato che tutti  avevamo le nostre attività fu deciso di partire in pulmann nel pomeriggio per andare a Lucca, giocare e tornare a notte fonda.

Il programma fu rispettato perfettamente, ma trovammo un incidente in autostrada per cui eravamo in terribile ritardo e il nostro direttore sportivo chiese alla squadra di cambiarsi sul bus così da arrivare già pronti per la partita e non fare iniziare l’incontro in ritardo.

Tutti acconsentirono, anche se con qualche polemica e disagio ma così riuscimmo a giungere sul campo 10 minuti prima dell’inizio, lasciando sull’ autobus i nostri vestiti.

L’autista andò a parcheggiare e dato che si annoiava pensò bene di venire al campo a vedersi l’incontro.

Finita la partita, in tuta e qualcuno in accappatoio, di corsa perché si voleva tornare in fretta a casa, andammo al pulmann trovandolo forzato con la sorpresa che ci erano stati rubati i capi più preziosi: a chi era stato rubato il giubbotto di pelle, a chi il soprabito, a chi i jeans (!), a chi le scarpe (chissà che se ne facevano di un 48)..

Fortunatamente io avevo regolarmente preparato la borsa “valori” che portavo con me in panchina, per cui nessuno lamentò il furto di orologi, occhiali, portafogli eccetera.

Comunque ricordo ancora la scena buffa quando ci fermammo in un autogrill a prendere un panino, con gli avventori che strabuzzavano gli occhi a vedere una brigata di giganti, non uno dei quali era vestito in modo compiuto. Sicuramente avranno pensato che gli sportivi non sono persone con la testa a posto.

Racconto riservato per il Museodelbasket-milano.it.

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Natale Redaelli