Racconti


Il "Mobilquattro Club" - Quarta puntata

Continua il racconto di Mario Vignati, con la collaborazione di Lilù Battaini, Raffaella Ranieri e Roberto Rambaldi.

Quarta puntata

Com’era la catechesi dei canestri di allora, dato che esistevano solo i canali RAI 1 e 2, la Televisione della Svizzera Italiana e pochi captavano la slava TeleCapodistria? 

L’NBA e l’ABA non le si vedevano, al massimo le si leggevano sui Giganti del Basket negli articoli di Bill Mokray, corroborati da alcune foto dei fuoriclasse statunitensi. Quindi niente video dei pro: di Jabbar, Frazier, Barry, Chamberlain e Maravich solo foto.  

Qualche giovane allenatore italiano andava negli USA ad erudirsi come Sandro Gamba, allora responsabile delle giovanili Simmenthal, e Valerio Bianchini coach della Candy Brugherio, e di ritorno scriveva pezzi tecnici la cui lettura negli appassionati come me scatenava la curiosità per carpire, dietro quelle massime e/o quei diagrammi schizzati in fretta, gli elisir del successo del basket americano.  

Oltre ai Giganti del Basket sul Guerin Sportivo di Gianni Brera, il mitico e mai abbastanza venerato padre dell’informazione cestistica Aldo Mr. Pressing Giordani cercava di farsi ascoltare.  

Fra i quotidiani la Gazzetta dello Sport dedicava ampi spazi al basket con cronache e tabellini completi sino alla Serie B; seguitissimi gli spazi cestistici anche di due altri quotidiani, il “Giorno” e “la Notte”, mentre il Corriere sporcava di basket le pagine sportive solo coi risultati domenicali commentati con poca enfasi dall’asciutto Zelio Zucchi.  

Fra i libri, l’inizio degli anni 70 vedeva l’uscita dell’ancor unico vero insostituibile manuale “entry level” di questo sport, il mitico “Basket Boom Story” del coach di Cantù Arnaldo Taurisano, un vero e proprio santone del basket italiano; eppoi, fra chi di noi aveva l’ambizione di capire qualcosa di più dei numeri di un tabellino, ecco il libro “La difesa!” di Giancarlo Primo, il Trapattoni della nazionale di basket.  

Se alla radio il basket era pressochè assente (solo i risultati della domenica a Radiosera alle 19:30),sulla televisione invece l’offerta era stranamente ottima ed abbondante con Aldo Giordani, l’unico telecronista Rai assieme a Bruno Pizzul e “Bisteccone” Galeazzi ad aver praticato ad alto livello lo sport da lui commentato (ma che dico: cantato, celebrato, liricizzato!).  

Tanto per gradire, ogni domenica su Rai 2, una partita di Serie A maschile in diretta; e se non c’era la serie A maschile, sotto con la femminile! E se non c’erano i campionati di club, ecco le Coppe Campioni, Coppe Coppe e Nazionale! E d’estate, via a trasmettere persino i tornei estivi con gli americani assemblati da quella vecchia volpe di Jim Mc Gregor in formazioni estemporanee quali Gillette, Riccadonna, Gulf, Pettazzoni contro formazioni italiane o nazionali in rodaggio (Jugoslavia, Urss, Polonia, ecc.), sui parquet turistici di Sanremo, Roseto degli Abruzzi ecc....

Il Jordan come Mike Bongiorno di Rischiatutto, Nicolò Carosio con le telecronache calcistiche, l’Alberto Manzi di “Non è mai troppo tardi” o il Pippo Baudo di “Settevoci” faceva parte della nostra quotidiana realtà di allora!  

Questo non ci impediva di manifestare in piazza come i nostri coetanei contro il golpe cileno di Pinochet, di celebrare con dolore Piazza Fontana, solidarizzare con alcune fabbriche occupate, fare la raccolta carta per le popolazioni del Terzo mondo, di gestire in parrocchia il doposcuola per figli di famiglie bisognose e di ragionare in termini socio-politici contro lo sviluppo delle multinazionali. 

A Telecapodistria c'era un telecronista che insultava i giocatori dopo ogni forzatura, rivelatosi poi un grandissimo e fine intenditore, Sergio Tavcar che ci descriveva le prodezze di una generazione che avrebbe fatto la leggenda del basket mondiale: quella dei plavi Cosic, Dalipagic, Slavnic, Delibasic, Kicanovic, Plecas, Zizic, Lovro e Rato Tvrdic, Skansi e Solman.

Una menzione anche per Arnaldo Cremonesi della già ricordata Tsi che ci raccontava l’epopea del basket ticinese della Federale, Viganello, Pregassona e Molino Nuovo, nonchè delle campionesse locarnesi della Muraltese. 

La sera del 16 Giugno 1972, gli amici del Mobilquattro Lourdes Club, decisero di andare a vedere al Palalido il provino annunciato dalla Gazzetta di una coppia di giovani lunghi americani appena arrivati dagli USA, tali George McCandlish e Charles Lee Jura detto Chuck, quest’ultimo annunciato nuovo prospetto giallorosso.  

McCandlish (2.10 cm) provava per la seconda squadra di Varese neo promossa in A, la Robur et Fides sponsorizzata magazzini Gamma (una specie di Upim sparita 2/3 anni dopo) e nota per una nidiata di giovani talenti che incroceranno poi i destini della Mobilquattro (Gergati, Rodà, Guidali, Crippa e Veronesi). Jura (2.06 cm) che invece proveniva dal Nebraska, era appena stato indicato nel secondo giro delle annuali scelte che le squadre Nba effettuano sui giovani universitari e veniva descritto come lungo mancino e veloce.  

Questi due giocatori entrarono in campo con capelli lunghi (look dell’epoca), maglie di allenamento consunte ed entrambi con un paio di Converse All Star basse scamosciate (il modello bar star bar con la stella fra due strisce, una vera figata che anche oggi, son sicuro troverebbe estimatori).

Io, Mangagiorgio, il Throat ed il Bongi eravamo seduti a bordocampo sulla fila riservata di solito ai giornalisti, a gustarci la ruota e cercando d’intravedere le movenze del possibile sostituto di Dennis Grey. Il nostro candidato palleggiava come un piccolo ed attaccava il canestro con un’agilità a noi sconosciuta; quello della Gamma invece era il classico smilzone lento, con movimenti da pivot, senza però i chili necessari in area per spostare gente alla Kenney o alla Meneghin; difatti poi il compianto ottimo coach roburino Gianni Asti gli preferirà, il bravo e sfortunato Terry Benton, purtroppo infortunatosi dopo il girone di andata.

Parte lo scrimmage (partita di allenamento) ed ecco il nostro Jura prendere un rimbalzo, aprire su Giroldi che perde subito palla, ma nessun timore, l’uomo caucciù (traduzione di Chuck) recupera, s’invola in palleggio fra i giovani Gergati e Rodà ed entra in terzo tempo di sinistro che manco Jellini si sarebbe allora sognato: sobbalzo sulla sedia! Vuoi vedere che "sto ragazzotto" del Nebraska ci farà sognare? E per tutta la partita sarà così: a fine gara lo sguardo soddisfatto dell’Eligio De Rossi (in genere serio) verso coach Sales è indicativo: sarà Charles Lee Jura lo straniero con cui la Mobilquattro affronterà la stagione 1972/73 (dove fra l’altro è prevista una partecipazione in Coppa delle Coppe maturata da una semifinale di Coppa Italia persa con l’Ignis).

Il Throat, noto anche per le sue battute, finita la partita ed in preda come tutti quanti noi ad una visibile emozione, già sogna emozionanti duelli con Masini e Kenney e prorompette nel suo celebre “Faremo ballare il cha-cha-Chuck ai nostri avversari!”, “Ah, ah, voglio vedere come andrà a finire con Meneghin” replicò il Bongi, mentre ci dirigemmo verso la pizzeria La Stalla, insieme all’esplosivo ex dirigente Onestà, ma ancora tifoso Mobil4 Giorgio Coloru. Quella sera si era accesa una stella, che ci avrebbe accompagnato per 7 anni, quella dello sceriffo del Nebraska Chuck Jura.  

Il giorno dopo tutti al campetto dell’Oratorio della Lourdes a giocare interminabili 5c5 dove già ci mettevamo a scimmiottare le entrate di sinistro o gli avvitamenti da post dopo finta sulla destra, di Chuck, ed alla fine il Mobilquattro Lourdes Club partorì: "LOTTA JURA SENZA PAURA!  L’urlo che negli anni successivi fece tremare il Palalido!!!!

Così iniziarono sogni e speranze di un’estate di 43 anni fa, che, al di là di tutto, segnò per molti ragazzi di allora l’inizio di un mito metropolitano, che ci accompagnò per l’adolescenza e la gioventù, ricordo indelebile di anni lontani passati a razzolare basket da mane a sera.

Altri componenti il Mobilquattro Club

Dario, detto il Daffy: anima silente del tifo giallorosso, seguiva con competenza le gare senza scomporsi minimamente. Ma proprio per questo, dopo le sconfitte, nei tristi rientri a casa, parlando con lui, si recuperava più in fretta la delusione.  

Claudio detto Lemon: poche parole, tanta sostanza: fedelissimo delle trasferte e delle gare interne, non si scomponeva più di tanto sia per le vittorie che per le sconfitte. Chiamato così in onore dello showman degli Harlem in quanto, dopo un loro spettacolo, andò con tutti quanti noi al campetto dell’oratorio della Madonna di Lourdes a ripetere in via improbabile le gesta dei giocolieri statunitensi… e a lui però riuscì un gancio coast to coast.  

Paolo, scatenato centravanti della Trevigliese che si innamorò del basket ( e della Lilù) dopo i 20 anni: focoso ed urlante al palazzetto, come il suo amico e vicino di casa Giorgio, in incipienza di rissa a contatto con le tifoserie avversarie.

Lilù, la fidanzata del Paolo: persona molto dolce, al Palalido trasferiva tutta la sua voglia di vivere incitando per anni fino in fondo i giallorossi; anche lei era arrivata ad All'Onestà e poi Mobilquattro club non dall’oratorio, ma trascinata dalle compagne di scuola. A metà anni 90 è partita per lavorare all’estero, ora è dirigente di un’importante multinazionale dell’informatica ma non ha mai dimenticato gli entusiasmi, il calore e nemmeno le risse di quegli anni. 

Racconto inviato e quindi riservato per il Museodelbasket-milano.it.

IMMAGINI ALLEGATE

Jura in azione con la maglia della Mobilquatto

Giancarlo Primo

Aldo Giordani