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Il "Mobilquattro Club" - Quinta puntata (Due stagioni vissute intensamente)

Continua il racconto di Mario Vignati, con la collaborazione di Lilù Battaini, Raffaella Ranieri e Roberto Rambaldi.

Quinta puntata (Due stagioni vissute intensamente)

Ottobre 1972: l’anno ricomincia stavolta con maggiori velleità per un campionato di Serie A più significativo. Si parte col trofeo Lombardia, stavolta allargato a cinque formazioni (giocava anche la Gamma Varese), dove la Mobilquattro con Grey e Jura (maglia provvisoria numero 18) battè solo Cantù e Varese2.

In campionato anche le altre contendenti presentarono nuovi stranieri: l’Ignis sostituì il mitico messicano Manuel Raga, idolo di Masnago con l’apparente freddissima ala Bob Morse (mai scelta fu più dolorosa, ma anche azzeccata!), Venezia presentò un 2,10 che castigava sia da sotto che da fuori, tale Steve Hawes che farà un carrierone nei pro ad Atlanta; Cagliari presentò il lungo Don Holcomb, che porterà i sardi ad un’insperata salvezza.

La Mobilquattro arrivò quarta, preceduta dalle solite Ignis, Simm e Forst,  nonostante i prodigi di Chuck; perché De Rossi stava trasformandosi da guardia in play,  Barlucchi aveva 33 anni, Giroldi non era un mostro nè di agilità nè di continuità, Nizza era un buon comprimario, Papetti tanta difesa e buona volontà… cosa potevamo pretendere da Molina, Grasselli e Florio? Jura risaltava con il gioco veloce!

Il miracolo i nostri giallorossi lo fecero in Coppa delle Coppe, dove, schierando Dennis Grey come lungo aggiunto allo Sceriffo del Nebraska, i ragazzi di Sales, dopo gli scarsi svizzeri del Neuchatel (su cui maramaldeggiarono Ciccio Grasselli e Paolo Molina), superarono una dopo l’altra i polacchi dello Slask Wroclaw e i cecoslovacchi dello Spartak di Brno (dove militavano i cecchini Brabenec e Pospisil) e, soprattutto,  lo Spartak Leningrado (allora rivale numero uno del CSKA Mosca in URSS, e che poi vinse quell’edizione della Coppa Coppe), arrivando ad un’epica semifinale contro i fortissimi jugoslavi della Jugoplastika Spalato dei fratelli Tvrdic, di Damir Solman (uno dei più grandi giocatori slavi degli anni ’70, lo si vedrà qualche anno dopo in Italia, nel Mecap Vigevano), Macura, Jerkov e Prug (attaccante cagnaccio, ma difensore implacabile).  

In Dalmazia la partita, in clima intimidatorio, finì a –17, ma nella gara di ritorno, in un Palalido gremito come non mai, con il Mobilquattro Club in delirio, a meno di due minuti dal termine di una coraggiosa gara, De Rossi e Barlucchi, degni epigoni per una sera dei dirimpettai d’Adriatico, conclusero un contropiede aperto dal grande Jura col canestro del +18…ma gli arbitri annullarono per “passi” il canestro dell’Eligio.

Gli slavi che chiusero, mi pare, a –12, ma qualificati (ho ancora nelle orecchie i festanti tifosi spalatini col loro lugubre ossessivo “Jùh-gò-plàstikà”); Sales, baffoni al vento, incazzato come mai prima e mai più dopo avrei visto, sbattè contro le transenne la sedia su cui era stato (poco) seduto, mentre Dennis Grey, tirando un pugno di rabbia contro i vetri di una porta di accesso allo spogliatoio, si tranciò il tendine dell’avambraccio. 

Per noi, più delusi che arrabbiati (in fondo l’Europa ci aveva visti protagonisti a sorpresa), l’eliminazione significava stop a quelle rare uscite serali (oltre al fatidico sabato sera) che la partecipazione della Mobilquattro alla Coppa, ci aveva consentito, allor ancora adolescengiovani, di ampliare; dunque, se non altro la Mobilcoppa ci aveva aiutato ad emanciparci un po’ di più.   

Comunque sulle annuali pagelle di fine campionato dei Giganti del Basket, in alto i cuori: Jura giudicato uno dei migliori stranieri mai sbarcati insieme a Morse e Hawes (unici tre ritenuti “ready for NBA” qualifica allora incredibile per chi giocava in Italia, su cui poi Dan Peterson dodici mesi dopo invierà un luciferino report destinato agli scout Nba e che scatenò un po’ di polemiche fra i coach all’epoca in panca). 

Inoltre, dopo la repentina retrocessione della Gamma Varese in B, ecco le prime voci su un possibile accordo sportivo fra la Robur e la Mobilquattro, che prevedeva, nel giro di due anni, l’arrivo in giallorosso dei gioiellini Giuseppe Gergati, Antonio Rodà e Claudio Guidali, unitamente all’utile post Pippo Crippa ed al combattivo Marco Veronesi: che sia la tanto auspicata velocità per valorizzare lo sceriffo del Nebraska?  

L’estate passa in fretta e si riapre senza l’Eligio De Rossi, migrato a Cagliari, ma con la prima tranche di giocatori provenienti dalla Robur: Antonio Rodà, Giuseppe Gergati (su cui partì subito il coro “Gergatirodà-Gergatirodà, Giuseppegergati-Antoniorodà) e Pippo Crippa; i nostri eroi, impegnati in un torneo organizzato dal giornale l’Unità in occasione della festa nazionale di questa testata, ci pose di fronte ancora una volta lo Spartak Leningrado, nonché gli sconosciuti cecoslovacchi dell’Iskra Svit: in un Palalido semideserto ci ripresentiamo a tifare giallorosso incitando in bragottini corti e scarpe da campetto i nuovi arrivati dalla Robur.

Perso il torneo coi sovietici, ci si avvicina carichi di speranza al campionato col solito trofeo Lombardia, dove, novità, i cuginastri cambiarono sponsor e – udite udite – maglia, divenuta da biancorossa a biancazzurra, in onore della casa madre, Innocenti Leyland: a Masnago gli diamo subito una legnata di 14 punti, con Jura che batte ripetutamente Masini e Brosterhous, scrivendone 35 a referto, ma poi andiamo a perdere, di brutto con l’Ignis e di misura con la Forst… ma le attese sono fortissime e alle 14 del 4 novembre andiamo in pullman, partito da via Monreale, all’esordio in campionato, campo neutro, a Torino dove ci attende la Virtus allenata da Dan Peterson, di cui la stampa parlava bene, partito poche settimane prima dal Cile golpista di Pinochet, dove allenava la locale nazionale.  

Gara equilibrata ma grande vittoria giallorossa; si prosegue, per altre tre giornate col vento in poppa: vittorie esterne a Cagliari e Napoli, vittoria casalinga col Brina Rieti di Laurisky: quattro partite, punteggio pieno e arriva la Canon Reyer Venezia al Palalido: gara bellissima, di fronte i due americani più forti del campionato, Jura e Steve Hawes: Mobilquattro avanti, ma l’interpretazione arbitrale della difesa molto robusta e anticipativa dei nostri viene ripetutamente sanzionata dal duo arbitrale Ardito e Compagnone che condannano Jura al quinto fallo; nonostante tutto si andò ai supplementari, e gli esterni Canon ci "uccisero" (Gorghetto, Milani e Carraro), mentre Hawes fece polpette degli esausti Nizza e Crippa. 

Referto giallo con punteggio Nba (105-109) e molto da dire sull’interpretazione data dagli arbitri alla partita. Il fatto è, anzi fu, che da quella partita i giallorossi infilarono un filotto di sconfitte da paura, con la lodevole eccezione della vigilia di Natale, quando i ragazzi di Sales ci regalarono lo scalpo di Cantù, che ci mancava da cinque anni: e, fatto assolutamente positivo, con Jura a soli 14 punti, ma cinque nostri giocatori in doppia cifra: “Cantù catasù”!  

Ma poi il precipizio divenne abisso: quattro vittorie nelle successive venti gare! Umiliante soprattutto la sconfitta interna contro l’Alco Fortitudo di Gil Mc Gregor dove, al di là di un arbitraggio decisamente infelice che ci spinse all’attesa fuori dagli spogliatoi degli arbitri,, li si paventò addirittura l’ipotesi retrocessione, evitata per due soli punti in classifica. 

In coppa Korac trovammo un girone impossibile ai quarti di finale, ma almeno vidi dal vivo Dalipagic e Kicanovic perdere al Palalido di fronte ad una Mobilquattro generosa (Jura schiaffò trentello in faccia ai due fuoriclasse del Partizan che non sembravano marziani), ma che poi, una volta a Belgrado, non seppe resistere. Finì comunque male e si capì che Sales aveva chiuso il suo ciclo a Milano e con lui Alberto Petazzi, il suo fido e capace vice.

Racconto inviato e quindi riservato per il Museodelbasket-milano.it.

IMMAGINI ALLEGATE

Barlucchi "in volo"

Jura e Sanders