Persone


"Mi ritorna in mente" ... Antoine Carr

Nel 1984 nelle domeniche da Gennaio a Maggio in cui la Simac giocava le partite al Palazzone, si verificava uno strano fenomeno tra i tifosi di S.Siro: in molti, specie quelli che avevano il doppio abbonamento calcio-basket, abbandonavano le tribune dello stadio in anticipo per attraversare il piazzale ed entrare nel Palasport. Il motivo: nessun vero appassionato milanese poteva mancare ai canonici 30 minuti di riscaldamento prima della partita dell'Olimpia. Perchè con Antoine Carr quello era un momento spettacolo puro. In poco tempo e soprattutto con le sue mirabolanti schiacciate, il ragazzo di Oklahoma City ha acceso la fantasia dei tifosi. Al contrario di quanto sosteneva coach Peterson, che al fuggire di Cureton avrebbe ripreso John Gianelli, l'impatto-Carr ha portato un sempre maggiore incremento del numero degli spettatori al Palazzone, che gli hanno riservato un tasso di gradimento molto alto e sono stati ricompensati dai frequenti ventelli e dalle stoppate inflitte agli avversari. 

Abbiamo affidato a Dario Colombo, all'epoca direttore dei 'Giganti del Basket', il racconto dell'epopea milanese di Antoine Carr: 

"In quei giorni di dicembre del 1983 fu sicuramente il personaggio più maledetto nelle redazioni sportive dei giornali italiani. Se non proprio lui, sicuramente il suo agente ( il leggendario Larry Fleisher), suo fratello e tutto il piccolo entourage di amici e parenti che già allora, proprio come oggi, ruotava attorno alla stella nascente del basket USA. Perché stella nascente Antoine Carr, anni 22, lo era di sicuro: brillante carriera a Wichita State, prima scelta dei Detroit Pistons, possibile prospetto (addirittura) per la nazionale USA che Bobby Knight stava mettendo assieme in vista delle Olimpiadi di Los Angeles dell’estate successiva. Ma soprattutto, in quei giorni di dicembre dell’83, prima, primissima scelta della Simac di Peterson, D’Antoni e Meneghin che d’improvviso, un bel mattino, aveva visto un taxi bianco sgommare dalle parti di via Caltanissetta, destinazione Malpensa, unico passeggero a bordo Earl Cureton. Il suo americano su cui aveva puntato tutto per mettere le mani sullo scudetto. E non puoi pensare di riempire il palazzone di S.Siro (la grande nevicata era ancora di là da venire) con un giocatore qualsiasi. Troppo di bocca buona il pubblico di Milano. Ed ecco la grande occasione: Antoine Carr. Che non si è messo d’accordo con i Pistons, che ha bisogno di giocare se vuole giocarsi la sua chance olimpica, soprattutto che ha bisogno di ripresentarsi al tavolo di una futura trattativa NBA con il biglietto da visita di una stagione ad alto livello in un campionato competitivo com’era (allora) quello italiano, possibilmente con una squadra di grande reputazione. Tutto facile? Tutto combacia? Per niente. Perché ogni volta che Tony Cappellari, che ha piantato le sue tende a New York, crede d’aver finalmente messo le mani sul ragazzo d’oro ecco che avvocato, fratello, amici e parenti mandano tutto all’aria. Appunto. E nelle redazioni sportive le pagine già pronte con il ritratto di Carr finiscono nel cestino. Con relative maledizioni. Finchè per 135 mila dollari netti, più premio personale del presidente Gabetti in caso di scudetto, e Mercedes 190 argento metallizzato messa gentilmente a disposizione da Achilli Motors, Antoine Carr sbarca davvero a Milano. Portando le sue schiacciate, le sue stoppate stratosferiche e il suo atletismo incontenibile ma anche un’altalena di prestazioni che non fa certo felice Peterson. “ Voglio da lui continuità di prestazioni, non mi basta che faccia una partita da NBA e poi due da high school” dichiara a Giganti del basket dopo due mesi di campionato.” Deve insomma adattarsi ad un livello di gioco che è ben diverso da quello dell’ NCAA”. 
Ma S.Siro si riempie, i palasport dove la Simac gioca pure, e i locali notturni di Milano registrano un nuovo, fedele acquisto. “ Quando lui ha la palla in mano può succedere qualsiasi cosa” dirà Mike D’Antoni: e chissà se intendeva nel bene o nel male. Insomma: la concretezza e la continuità di Cureton erano un’altra cosa. Ma anche la fuga in taxi. A fine stagione lo scudetto lo vincerà proprio la Virtus dell’avvocato Porelli, quello che aveva consigliato a Cappellari di puntare su qualche militare delle basi NATO piuttosto che su Carr. E l’ex-stella di Wichita State se ne andrà nell’NBA, dove resterà per 15 anni con alterne fortune. Le Olimpiadi di Los Angeles le vide in televisione: Bobby Knight gli preferì un certo Sam Perkins."

Chiamato in causa dal 'Direttore', anche Toni Cappellari conferma le vicissitudini delle estenuanti trattative con l'entourage di Carr, ma ne disegna traccia anche un ritratto davvero positivo:
"Con la partenza improvvisa di Cureton, eravamo in braghe di tela; coach Peterson studiò decine di profili di potenziali sostituti e individuammo Carr che, da prima scelta dei Detroit Pistons, non aveva raggiunto un accordo con la franchigia. Tramite gli uffici di Richard Kaner, arrivammo al suo agente l'avvocato Fleisher e accettò, non senza insistenze, la proposta di 200.000 dollari per concludere la stagione da noi, una cifra spropositata per l'epoca e per un periodo così breve. Quando arrivò non facemmo fatica ad apprezzarne le doti potenziali: un atleta stupendo, capace di giocare in scioltezza in tre ruoli e dalla potenza devastante. Possiamo dire che la stagione con noi fu per lui un buon banco di prova, considerata la carriera in NBA che è stato bravissimo a costruirsi. Come ragazzo, si è comportato sempre in maniera molto professionale ma anche riservata: non ha voluto nè una casa indipendente, optando per il soggiorno fisso all'Hotel Executive davanti alla stazione Garibaldi e sfruttando le doti di coach (nel senso dell'autista) di Franco Casalini che lo andava a prendere e lo riportava in albergo dopo ogni allenamento. Nella coesione del gruppo non è neanche stato fortunato perchè non poteva viaggiare con noi nelle trasferte di Coppa delle Coppe, perchè non potevamo schierarlo avendo già utilizzato Cureton. Poi perdemmo quella finale di un punto..."

Ma in fondo, nello spogliatoio biancorosso ci stava bene, come ci riferisce Franco Boselli pedina fondamentale della Simac di coach Peterson:
"Tre parole per sintetizzare quello che è stato Antoine Carr come giocatore: potenza, coordinazione e tecnica. Secondo me è stato fra i migliori in assoluto visti sui campi di basket. Giovane, si è integrato bene nella squadra sempre sorridente, un simpatico. Un giocatore che ha precorso i tempi."

IMMAGINI ALLEGATE

Antoine Carr a rimbalzo in Gara-3 della Finale Scudetto 1984 al Palazzone contro la Virtus Bologna (per gentile concessione di Toni Cappellari)

Adesivo della Simac Milano 1983/84