Racconto di Dario Colombo, che all'epoca era il direttore dei 'Giganti del Basket' nonchè fotografo e inviato speciale per questa storica manifestazione
"Quando alle 19 di quel 23 ottobre 1987 Darrell Garretson, numero 1 degli arbitri NBA, alza la palla a due tra Bob McAdoo e Randy Breuer, centro dei Milwakee Bucks, tutti noi che avevamo la fortuna di essere in prima fila alla 'Mecca Arena' capimmo che quella che stava per iniziare sul parquet di acero bianco non era ‘solo’ una partita di basket: era l’inizio di una nuova èra, la fine di quarant’anni di reciproca indifferenza e di guerra fredda tra la NBA ed il resto del mondo governato dalla FIBA.
L’idea di un torneo che riunisse squadre della National Basketball Association e della FIBA in realtà era nell’aria da tempo, fin da quando – nel 1982 – ai Mondiali di Cali era andata in scena l’ennesima buffonata di una nazionale USA formata da giocatori d’incerto mestiere e di nessun talento che avevano reso ancora una volta il torneo mondiale una delusione. Di ritorno da Cali Boris Stankovic, il padre-padrone della FIBA, aveva deciso: da quel momento avrebbe iniziato a tessere la trama delle trattative e degli incontri segreti con David Stern che avrebbe avuto come primo sbocco il Mc Donald’s Open e, cinque anni piu’ tardi, l'approdo del Dream Team nell'universo olimpico. Hamburger e canestri, insomma, per entrare nel cuore di tutti gli appassionati di basket: primo appuntamento dal 23 al 25 ottobre a Milwaukee, quello che per le tribù indiane era “Il luogo d’incontro dei grandi concili”. Toccò ai Milwaukee Bucks, alla Nazionale Sovietica e alla Tracer campione d’Europa tagliare il nastro che inaugurava la nuova strada: ma quando dopo due quarti Milano si scopriva in svantaggio contro i Bucks di 25 punti apparve chiaro a tutti che la buona volontà di Stankovic e Stern non bastava ad avvicinare sotto i canestri due pianeti ancora troppo lontani.
“Nessuno di noi si ricordava che nell’NBA bisogna correre un po’ di più, saltare un po’ di più, spingere un po’ di più, insomma fare tutto raddoppiato” confesserà alla fine Mike D’Antoni, il capitano della Tracer ritornato su un campo NBA dopo dieci anni d’assenza. Il punteggio finale (123 a 111) non mortificava la Milano dei canestri e lasciava tutti con il sorriso sulle labbra: era così più dolce, sulla strada del ritorno, la sosta a casa McAdoo, tra i boschi del New Jersey, per conoscere da vicino il mondo dell’immenso Bob. Scoprendo le pareti della sua taverna tappezzate di copertine dei giornali italiani: non se l’aspettava nessuno."
Racconto inviato e quindi riservato per il Museodelbasket-milano.it.
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